ETIOPIA – I nazionalismi interni minacciano la stabilità del Paese?

Sono oltre 2 milioni di persone che necessitano di aiuti alimentari nel Tigrai, la provincia dell’Etiopia dal novembre dello scorso anno diventata teatro di guerra tra le forze regolari etiopiche, appoggiate da quelle eritrea e da miliziani irregolari, e quelle del Fronte Popolare di Liberazione del Tigrai (TPLF). Secondo l’UNICEF la malnutrizione è la principale causa di morte nelle cliniche della città di Shire, dove la situazione è particolarmente grave.

Inoltre la crescita dei prezzi nel Tigrai aggrava la situazione: secondo l’ultimo rapporto pubblicato dalla Central Statistical Agency l’inflazione è al 30,3% il doppio della media nazionale e su alcuni prodotti di base come la farina teff è del 140%. Il responsabile della National Disaster Risk Management Commission, Mitiku Kassa ha dichiarato che sono stati fatti i preparativi adeguati per assistere 2,5 milioni di cittadini nel Tigrai: «Il governo ha fornito 311.526 quintali di grano, 60.000 quintali di farina e 1,7 milioni di litri di olio». La situazione umanitaria potrebbe ulteriormente precipitare se saranno confermate le indiscrezioni di Arbi Harnet (progetto eritreo di informazione indipendente) le cui fonti informative sostengono che sarebbero in atto i preparativi per una rinnovata offensiva nel Tigrai volta ad annientare il TPLF.

Non vanno meglio le cose lungo il confine conteso tra Etiopia e Sudan. Il Sudan esorta l’Etiopia a ritirare le sue truppe dal confine sudanese il prima possibile. Il portavoce del ministero degli esteri sudanese ha dichiarato che «il Sudan sta facendo molto, ma non negozieremo sulla nostra terra». Il capo di stato maggiore dell’esercito, il generale Birhanu Jula, ha spiegato che «una terza parte è dietro la violazione della sovranità dell’Etiopia da parte dell’esercito sudanese».

Infine i tre principali nazionalismi Amhara, Oromo e Tigrai potrebbero far precipitare l’intero Paese nel caos. I nazionalismi etnici concorrenti hanno dominato il panorama politico etiope dalla fine degli anni ’60 e sono conseguenti all’idea di un’Etiopia come «museo di popoli» dove ogni gruppo ha «un sistema delimitato e una cultura unica». Fotografano un momento non il processo delle relazioni umane che si muovono in un Paese dove le persone non sono immutabili come gli oggetti di un museo e a differenza degli oggetti interagiscono tra loro. La Costituzione etiope voluta dal TPLF è stata un esercizio di ingegneria etnica ed è stata secondo gli studiosi la politica di etichettamento del governo a creare l’etnia e l’identità etnica (che non esistevano).

La rappresentanza etnica è uno dei problemi che di fatto indebolisce una leadership basata sul merito. Sarà necessario molto tempo, molta cura e un’intensa attenzione da parte della comunità internazionale che dovrà necessariamente scegliere per quale Etiopia cooperare: ondeggiare non è possibile. (F.F.) (Agenzia Fides 1/2/2021)