Dal 28 dicembre 2017 fino al 2 gennaio 2018, l’equipe della pastorale giovanile della Provincia Italia Malta ha organizzato un incontro per i giovani dai 18 ai 30 anni. Questo incontro pensato in continuità con il percorso di formazione al volontariato, “Passo Oltre Mare”, ha previsto alcuni momenti di servizio presso la mensa della Caritas di Roma.

Tra preghiere, tempo di riflessione, condivisione e formazione, 15 giovani venuti da diverse parti d’Italia e di Malta hanno vissuto questi giorni con grande disponibilità e apertura … Leggiamo alcune delle loro testimonianze!

« Da alcuni giorni e finita questa esperienza che mi ha permesso di mettermi in gioco ma soprattutto di mettermi in ascolto verso l’alto… Sono tornata a casa con la consapevolezza di essere una persona migliore.

La frase che mi viene in mente in questi giorni e ‘Cosa avete fatto al mio più piccolo fratello lo avete fatto a me’ una frase molto semplice ma ricca di significato. Durante il mio servizio alla mensa Caritas ho toccato con mano la sofferenza di chi ho incontrato e scambiato due parole e molti sorrisi. È stata dura ma quel grazie mi ha riempito il cuore. Un #capodannoalternativo dove ci siamo messi in gioco tra i vari balli canti e la tombola.

Dove ho riscoperto il potere della condivisione di chi non ha più nulla ma quel poco che ha lo condivide.. voglio ringraziare tutti coloro che sono entrati nel mio cammino con semplicità e fratellanza. Voglio dire grazie alle suore che ci hanno permesso di vivere questo capodanno. Voglio ringraziare agli operatori della mensa dell’ostello della Caritas che con grande impegno e dedizione ci hanno fatto vivere questa esperienza con semplicità e Gioia.. Un grazie va anche agli ospiti che con noi hanno condiviso una parte della loro vita. Un grazie va anche a voi compagni di viaggio che abbiamo iniziato condiviso questa esperienza. »

 

« Chi sei? Che cosa cerchi? Chi è Gesù? Dove vai? Dove sei? Chi frequenti? Ti piace?

Delle tante domande che ci sono state lanciate in questi giorni mi sono messa in tasca quelle che hanno suscitato dentro di me una qualche reazione di sorpresa e stranezza. Più volte nell’ultimo periodo mi sono fermata a chiedermi se quello che sto facendo mi sta portando da qualche parte o se mi sta facendo solo vagare.

“Dove sei? Dove vai? E ti piace?” Queste sono le domande a cui, per ora, non ho risposta, ma sono quelle che in questi giorni sono riuscite a smuovermi dentro il desiderio di continuare a camminare cercando sempre di percorrere la strada giusta, con le giuste scarpe, con il giusto ritmo e con la giusta compagnia. Cercando di capire che bisogna camminare con le proprie gambe ma che non si può mai camminare da soli, c’è sempre bisogno di qualcuno che ti accompagna per farti capire se la strada che stai percorrendo è proprio la tua strada.

Vorrei anche fermarmi sulla parola “casa”, entrare in contatto con questa parte di mondo mi ha fatto riflettere che per tutte quelle persone casa non è un luogo ma più una persona, penso che per loro casa sia ritrovare ogni sera il volto e i gesti degli operatori e dei volontari che li accolgono alla mensa e all’ostello. Allora ho provato a pensare per me che cosa è “casa” e non sono riuscita a dargli un luogo, sono riuscita solo a dargli una sensazione, quella sensazione di tranquillità e serenità mista a libertà e gioia, quando riesci a sentirti voluta bene per quello che sei. »

 

« ‘Se sei al tuo posto non sbagli mai’ questo diceva Giuseppe Pozzi nel video e questo è quello che d’ora in poi proverò a portare in tasca: sentirsi al proprio posto, a casa, amando e sentendosi amati, cercando la gioia vera e vivendo una vita piena.

Il servizio alla Caritas mi ha messo di fronte centinaia di persone con le storie più diverse, che si leggevano nei loro occhi. Non ho parlato molto con loro, anzi forse non ci ho parlato affatto, per via della ‘sbarra ‘ che ci separava e della rapidità con cui servivo i pasti. Ma mi è rimasto impresso un uomo, che la terza sera mi ha detto ‘mi ricordo di te ieri sera: Mi hai lasciato affamato. Ti ho chiesto più contorno e non me lo hai dato’. È stata una lama nel cuore. Ho cercato di spiegargli che per far mangiare tutti non potevo esagerare con le porzioni. Lo dicevo a lui, ma cercavo di giustificarmi con la mia coscienza. Non ho mai sofferto la fame, e non so cosa possa significare. Sapere di aver lasciato qualcuno affamato non mi ha fatto stare bene. Anche perché la scritta sul muro ‘.. Lo avete fatto a me’, se da un lato riempie di gioia perché so di aver servito il mio Signore, dall’altro mi fa sentire anche responsabile del fatto che posso non averlo fatto bene. Sapere che è Gesù stesso che ci chiede di occuparci del fratello più ‘piccolo’ ci istituisce responsabili del prossimo. È una cosa molto seria.

In questi giorni ho anche capito che fare un servizio come questo non mi rende una ‘brava e buona persona’, perché non ho nessun merito per essere nata nella parte ‘fortunata’ della società e chi ho incontrato, al contrario, non ha colpa per essere finita in quella ‘sfortunata’. Stare al loro servizio è un tornare alla pari.

Con tutte le fatiche che ha comportato.

Per quanto riguarda la condivisione degli spazi e dei tempi con i compagni di questa avventura, mi sento veramente felice e piena di gratitudine per aver incontrato giovani tutt’altro che ‘da divano’ e aver guardato così da vicino la vita di coloro che hanno scelto di dedicare tutte se stesse al Signore. Non ho visto privazione, ma tanta ricchezza! »